Giallo soffione

Dà ad una persona una sorpresa improvvisa, l’andare giù da una strada arida  e acciottolata e vedere in una piccola striscia di erba, vicino al cancello di ferro il raggiante tarassaco, splendente come una goccia fatta cadere dal sole.

Henry Ward Beecher

Se un giardiniere avesse deciso di creare una bordura di fiori non avrebbe certamente pensato al dente di leone o tarassaco ma non sempre riusciamo a eguagliare la natura.

Questa piantina, molto comune  e considerata infestante, ben ancorata al terreno con una radice fusiforme è capace di crescere ovunque ci sia un centimetro di terra e  si può trovare perfino nelle fessure dell’asfalto cittadino. Le foglie disposte a rosetta sono lunghe, dentate e somigliano ai denti del leone; sono commestibili, all’inzio della primavera quando sono più tenere vengono raccolte e consumate in insalata.

I fiorellini giallo intenso sono riuniti in capolini che una volta sfioriti si trasformano in piumose sfere bianche e su cui, almeno una volta nella vita, ognuno di noi ha soffiato spargendo eterei ombrellini che, volteggiando nell’aria, trasportano minuscoli semini.

Questa comunissima pianta si fregia di svariati nomi: quello ufficiale e botanico è Taraxacum officinalis, viene chiamato dente di leone oppure in alcune zone insalata matta o cicoria matta. Ricordo che mia nonna lo chiamava girasul omettendo la precisazione dij pra cioè girasole dei prati; ho scoperto solo molto tempo dopo che la scritta sulle latte di olio di semi di girasole identificava “altri girasoli” e fiori ben diversi da quelli che vedevo nella campagna piemontese…

E’ conosciuto anche con il nome di soffione e personalmente è quello che preferisco perchè quando soffio sui piumini e cominciano a volare mi sento piccola e grande nello stesso tempo. La natura mi sta dando qualche possibilità.

Orti e canali

Le scoperte si fanno per caso se no che scoperte sarebbero. Andando al solito autolavaggio, mentre l’auto veniva scorticata dai depositi quasi pleistocenici che la ricoprono, ho fatto passare il tempo girolando intorno al capannone in cui le auto sporche vengono fagocitate. C’è un canale che un tempo alimentava insediamenti paleo industriali:  lo spettacolo dell’acqua  mi affascina  sempre e di solito dove scorre c’è anche una bella frescura, che in questo periodo non guasta. E’ stato così, che guardandomi intorno, ho trovato l’orto. Cintato da una rete a maglie larghe, non tanto per definire il possesso (ho poi saputo che è condiviso da più giardineri) quanto perchè non si intrufolino i cani o ragazzini non-playstation-dipendenti e lo usino come luogo per giocare. Mentre ero lì è arrivato un “patito” dell’orto,come si è definito il signore. Anziano ( sono in quell’età in cui vedo gli altri e non riesco più a datare in maniera certa) ma con una certa grinta, uno che ha ancora passione ed energia e a cui piace parlare. Indicando la macchina fotografica mi ha detto, ridendo, che mi avrebbe richiesto un contributo per l’uso dell’orto come soggetto dei miei scatti. Così ho visitato la sua parte di orto urbano: piante di fagiolini, zucchine, pomodori, cespetti di insalata, costine, prezzemolo. Per il momento  la produzione dei frutti dell’orto è un po’ lenta a causa, mi ha spiegato, del clima della stagione primaverile che ha ritardato le semine e della pioggia che rovinato le piante già collocate a dimora. Comunque mi ha detto che qualche cosa raccoglierà. E’ stato piacevole scambiare quattro chiacchiere con qualcuno che prova gioia e soddisfazione nel fare quello che gli piace e che oltre a questo, con i tempi che corrono, trae anche un beneficio producendosi generi alimentari.

Lungo il fiume

Camminando e chiacchierando lungo la sponda destra di un fiume che scorre in una città puoi incontrare altre persone che passeggiano come te, oppure che fanno joggin con gli auricolari o una coppia in bicicletta (ci sono anche quelli da soli) che incrociando una madre (?) e una figlia (?) con un enorme cane grigio (pare che in certe parti della città siano scomparsi i Dalmata e comparsa questa nuova-razza-di-moda) commentano “…ma sono uguali…” (e non saprei dire se è un complimento).

Mentre procedi guardi il fluire dell’acqua che corre impetuosa  vedi le anatre che nuotano contro corrente e tu a piedi vai più in fretta di loro.

 

 

Un airone con elegante trascuratezza finge di non vederti, e anatre femmina  sembrano improvvisare  un’esibizione di nuoto sincronizzato.

 

Isole si sono formate dai depositi di terra e detriti e servono per il riposo di volatili stanchi. Qui la riva è senza argini di contenimento e forma piccole spiaggette dove si incontra qualche pescatore e ogni tanto passi accanto o sotto un ponte che unisce la riva destra e sinistra del fiume

e costeggi muri di cinta da cui prorompono fioriture di rose di tutti i colori.

Qualcuno gioca a tennis  e altri sognano di compiere viaggi sull’acqua che scorre lì accanto.

Intanto il sole tramonta e la città si prepara per la notte.

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Parco fluviale del Po tratto torinese

Il Parco del Meisino

 

Cimitero a Dublino

I viaggi non sono tutti uguali non solo per la meta o il percorso ma anche perchè molte variabili li influenzano. Andare a Dublino è stato  un po’ cercare di realizzare un’impresa che aveva tutti i numeri per non riuscire. Saremmo dovuti partire già a fine aprile ma tutto è saltato per la nube di ceneri prodotte dal vulcano in Islanda. Il secondo tentativo é stata una sofferenza per riuscire ad incastrare gli impegni di tutti i componenti della famiglia e poi finalmente… Dublino. Nonostante il tempo di permanenza sia stato brevissimo e siccome nei nostri viaggi non mancano mai le visite ad un cimitero siamo riusciti anche a fare una visita anche al Huguenot Cemetery tra Merrion Square e Saint Stephen’s Green. E’ un minuscolo cimitero incastrato tra edifici che per le loro dimensioni lo fanno sembrare ancora più piccolo ma è un distillato di storia. La Storia è piena di uomini che devono scappare dai luoghi di nascita per la stupidità e il desiderio di potere di altri uomini. Ecco perchè, nel centro di Dublino, ci sono le tombe di uomini nati in Francia, costretti a fuggire per il loro credo religioso e, se si va ben a vedere neanche poi solo per quello. Gli Ugonotti in Irlanda hanno trovato rifugio, si sono integrati svolgendo le attività in cui erano bravi anche nella loro terra, hanno avuto figli e nipoti che man mano che passavano gli anni hanno avuto cognomi sempre meno francesi perchè pronunciati in un’altra lingua ma.. che importa se si può cercare di vivere serenamente l’unica vita che si ha. Noi, turisti italiani, scorrendo l’elenco di nomi: Arman, Barbat, Cayre, Martin, Soulier abbiamo ritrovato un pezzettino delle nostre vallate dove amici e vicini si chiamano ancora così e ci è sembrato che a ben vedere le distanze, nel mondo, sono davvero piccole.

P. S.     Ho cercato altre informazioni ma mi sembrano poco adeguate al luogo. Non è  visitabile  ma si può comunque vedere attraverso il cancello e la recinzione.  Se si passa quando le campanule sono in fiore è  gradevole e dà la sensazione di un giardino per riposare veramente in pace. Nel 1693 questa è stata designata come  “French Burial Ground”, terreno di sepoltura della piccola comunità di rifugiati Ugonotti ed è stato chiuso nel 1901. Sulla lapide sono incisi 238 nomi  e la tomba della famiglia Du Bedat si dice abbia ispirato la stesura dell’ Ulisse di James Joyce.

Per questo post ho riletto su Santa Wikipedia un concentrato di storia sull’origine  del protestantesimo, su Ugonotti e sul blog di suibnhe , raccontato brillantemente, c’è un aggancio ad un pezzo di quel periodo storico e non solo.