Carlo Fruttero

Ho iniziato la lettura del libro di Fruttero partendo da Torino e a Bologna sono stata infastidita di doverla  interrompere per cambiare treno. Non è un romanzo e sarebbe dovuto essere più facile ritrovare il filo della narrazione invece, proprio per come è scritto in forma di articoli che argomentano sui temi più diversi, vai avanti con golosità come quando si mangia qualche cosa che ti piace e vorresti che non finisse mai: quello che leggi è così reale, così assorbente che chi scrive è come se stesse raccontandotelo a voce.

Fruttero nelle Mutandine di chiffon Memorie retribuite racconta la sua vita senza che sia una biografia, parla di persone famose e non con cui ha stabilito diversi gradi di conoscenza, con cui ha avuto rapporti come Calvino, Lucentini e tantissimi altri il cui  nome comincia ad essere ricordato da pochi.

Memorie sollecitate, come spiega lo stesso Futtero,  che sono state scritte su richiesta di settimanali, giornali, riviste o libri bisognosi di prefazione e naturalmente pagate; a volte  iniziano in modo serissimo e si colorano di momenti esilaranti come nella Prefazione al volume Notizie degli scavi, che raccoglie i tre racconti di Franco Lucentini (Mondadori), in cui racconta l’intolleranza al disordine di Lucentini e che ti fa sussultare in spasmi ridaroli.

Un libro sottile per il numero di pagine e per il contenuto che ti fa rimpiangere che non ci sia la possibilità di scrivere… continua.

P. S   Ci sono persone che non conoscerai mai di persona e Carlo Fruttero è tra questi; insieme al suo “socio” di penna, Franco Lucentini, una lora creatura letteraria è diventata lo spunto che mi ha permesso di scoprire interessi, affinità e l’amore della mia vita. Probabilmente sarebbe accaduto lo stesso, chissà… comunque grazie.

… Non aveva paura di morire, Carlo. Era solo preoccupato dalla difficoltà dell’impresa. «Non pensavo che andarsene sarebbe stato così lungo» ha continuato a ripetere fino a ieri. Proprio lui che amava gli articoli e le frasi brevi. Dal giorno in cui me lo ha insegnato, applico ai miei testi il famoso emendamento Fruttero: «Nel dubbio, togli. Togli sempre. Cominciando dagli aggettivi». Togliere ogni peso superfluo alle parole, alle relazioni umane e ai pensieri era il suo modo di essere leggero rimanendo profondo: la lezione di Calvino.

Addio  Fruttero, mi ha insegnato la leggerezza    di M. Gramellini – LA STAMPA

Come finisce la storia

Non tutti saranno soddisfatti della conclusione della storia. (…) A questo però c’è rimedio. Ogni lettore scontento del finale, può cambiarlo a suo piacere, aggiungendo al libro un capitolo o due. O anche tredici. Mai lasciarsi spaventare dalla parola fine.”

C’era due volte il barone Lamberto,  Gianni Rodari

La Storia, parafrasando una famosa trasmissione televisiva, siamo noi e le nostre scelte determinano una buona o cattiva conclusione di un momento storico. Non sempre e non per tutti il finale coincide con una storia a lieto fine, si potrebbe magari essere più lungimiranti e ricordare che alcuni eventi si ripetono, che la storia è un susseguirsi di fatti e che dovrebbe prevalere la tendenza a migliorare la condizione di ogni singolo individuo dando a tutti la possibilità di farlo. Sarebbe già un buon risultato. Speriamo.

By gregoryhogan

mezzogiorno del 27 gennaio

…La prima pattuglia russa giunse in vista del campo  verso mezzogiorno del 27 gennaio 1945… Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi , coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo… a noi parevano mirabilmente corporei e reali, sospesi ( la strada era più alta del campo ) sui loro enormi cavalli, fra il grigio della neve e il grigio del cielo, immobili sotto folate di vento umido e minaccioso….Quattro uomini armati, ma non armati contro di noi; quattro messaggeri di pace, dai visi rozzi e puerili sotto i pesanti caschi di pelo. Non salutavano, non sorridevano, apparivano oppressi, oltre che da pietà, da un confuso ritegno che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare ad un oltraggio:   …quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde  che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volontà buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa.

Da  “La treguadi Primo Levi

Trentasei


Non delizioso. Non favoloso. Non adorabile. E nemmeno affascinante. No. Mentre guardava il commissario Santamaria, che adesso stava parlando con Massimo, Anna Carla si rese conto che tutta quella maledetta aggettivazione iperbolica non serviva, con un uomo così, non c’entrava niente, stonava. Delicato, questo sì; perché poco prima, mentre Massimo, camminando su e giù per il terrazzo, le raccontava con effettacci gigioneschi e inutilissime pause alla Hitchcock, tutta la storia del Garrone, della lettera appallottolata, del fallo, della misteriosa bionda col borsone, lui, il Santamaria, era stato impeccabile: né occhiate intensamente scrutatrici (per vedere come lei reagiva) né arie di finta indifferenza (per farle credere che lei non era sospettata). Era rimasto sulla sua sedia di vimini a sentire con pazienza, ecco, con pazienza, le cavatine di Massimo, la traduzione in lingua cretina, diciamolo pure, di un fatto che per lui rappresentava evidentemente solo lavoro, fatica, dovere. Delicato e paziente. Aveva sorriso quando c’era da sorridere (e anche quando non c’era; pieno di tatto, dunque). Aveva chiarito e precisato qua e là; dunque aveva carattere, fermezza, non si lasciava portare a spasso da uno come Massimo, che per portare a spasso la gente… E alla fine le aveva detto una frase stupenda, assolutamente da nodo alla gola. Le aveva detto, allargando un po’ le mani:-Ha visto, i casi della vita?

Da “La donna della domenica” di C. Fruttero e F.  Lucentini

Quanto ti può cambiare la vita un libro? Un libro ti può dare delle sensazioni, ti può appassionare per il racconto e la descrizione dei luoghi in cui si dipana la storia, ti può coinvolgere e incuriosire per sapere come finirà e puoi trovare nei personaggi somiglianze con persone che conosci. Averlo letto può servire come inizio per una conversazione con persone che non conosci a fondo e con cui, inconsapevolmente, potresti avere delle affinità e interessi comuni e che potrebbero diventare insostituibili nella tua vita. Un libro ti può cambiare la vita…

P. S. Avevo pensato e scritto questo post il 28 luglio 2010.

L’avevo lasciato  nella scrivania virtuale in attesa di pubblicarlo poi: in una data importante. Qualche tempo fa ho letto un post su un blog che seguo e l’idea che hanno avuto nella redazione è molto simile alla mia storia. Era un cena di Capodanno in  casa di amici e l’attesa per brindare al nuovo anno è meno lunga se trovi qualcuno con cui condividere il tempo… e quel tempo dura ancora.

 

 


Leggere, scrivere e far di conto

Ricomincia un altro anno di scuola. Per alcuni sarà il primo, in assoluto, giorno di scuola. Per altri sarà il primo di un nuovo ciclo scolastico e per altri ancora un giorno in cui ritrovare compagni della vecchia classe e insegnanti dell’anno precedente. Mi è venuto in mente un libro letto anni fa, piaciuto anche alla figlia  Uno,  che dava una visione di un tempo in cui andare a scuola non era né un dovere né un diritto e  imparare nozioni basilari come ” leggere, scrivere e far di conto” non era così semplice, specialmente se femmina. La bambina Lilliana (le due elle nel nome non sono un errore) racconta le difficoltà per  conquistarsi tutto, anche la possibilità di  frequentare la scuola in cui iniziare il cammino che le permetterà di diventare  un medico e  di raccontare con comicità  la sofferta condizione di  bimba rifiutata dai suoi famigliari.

Dal libro Non m’importa se non hai trovato l’uva fragola di Giulia Fiorn ho scelto il capitolo in cui  Lilliana inizia la lezione con la maestra che la preparerà all’esame per l’ammissione alla scuola pubblica del paese.

Ci sedemmo al tavolo, prese una lavagna e dei gessetti colorati e scrisse tre volte la parola «àncora» in tre modi diversi, che, mi spiegò, erano il minuscolo, il maiuscolo e lo stampatello.

– Prendi il gessetto blu e fa un trattino sotto i segni che trovi uguali in ogni parola.

Era un gioco? Guardai la maestra ma non riuscii a dare un’interpretazione alla sua espressione perchè stava infilandosi gli occhiali.

Pensavo: « La deluderò o riuscirò a trovare i segni uguali?» Scrutai i segni della prima parola in minuscolo: la « a » iniziale era tonda con una specie di bastone davanti, a metà parola c’era un altro segno rotondo ma non aveva sostegno , in fondo ritrovai un tondo con un bastone. Era un’altra « a ». le segnai con il gesso.

A tutti  quelli che credono che la scuola debba servire per conoscere la propria storia non in modo limitato e capire gli errori che si sono compiuti, per  imparare le lingue che permettono di comunicare con quelli che ci vivono accanto, per avere la capacità di non guardare con diffidenza tutto quello che non si capisce e di saper  leggere sempre un po’ più avanti…

Obbligo di vacanza

… Ma nonostante il riposo della fatica c’è il caso che i dieci, venti, trenta giorni di montagna, o se vuoi di campagna, o di mare possano trasformarsi -per pochi che sono – in uno stillicidio di tedio, noia, inedia. In veleno. Certo ci sono gli sport e l’esercizio, o qualsiasi altra attività del genere. Ma spesso non si tratta che di una sospensione, un’interruzione faticosa in una dominante condizione di noia.

Pollice verde (17 giugno 1979, L’ncontro con l’indeterminato) – Ippolito Pizzetti

Esprime in maniera perfetta la mia concezione delle vacanze stanziali e ripetitive  e obbligatorie. Per non sentirmi più chiedere, il prossimo anno… “Dove va di bello in vacanza?”

Il giardino che c’è in noi

Adesso so tante cose sulle piante, sulla terra, sull’acqua.

So che per farsi un giardino di cui godere si devono imparare e seguire le leggi della natura, del clima, dell’esposizione e pianta per pianta del suo modo di crescere.

Ma in più so che un giardino si può adattare alla propria necessità, al proprio gusto, al proprio desiderio.

Ognuno di noi ha dentro di sé un giardino ideale che non conosce, che si manifesta e si chiarisce mentre fa del giardinaggio, così da arrivare ad ottenere il proprio giardino personale nei grandi spazi o limitato dentro un vaso solo.

Dall’Introduzione di “Autodidatta in giardino” di Anna Maria Sacco Novaro

Libro da cui imparare il gusto della sfida con sé stessi e assaporare la gioia di creare per vedere se si è capaci di farlo.

E questo….

… è il mio giardino.

P.S.  Notizie sull’autrice del libro citato si possono trovare qui

Marzo

 

…Cantando Marzo porta le sue piogge

la nebbia squarcia il velo

porta la neve sciolta nelle rogge

il riso del disgelo

Riempi il bicchiere, e con l’inverno butta

la penitenza vana

l’ala del tempo batte troppo in fretta

la guardi, è già lontana…

Da La Canzone dei dodici mesi di F. Guccini

Finalmente  sono riuscita a leggere il libro ricevuto in regalo a Natale e questa è la manifestazione di che periodaccio stia vivendo: la depressione da periodo storico mi impedisce anche di godere della lettura. Ho cercato di reagire gustandomi la biografia di Francesco Guccini per immergermi in una storia personale  che, nel  racconto del “contastorie” ( come ama definirsi) qual’è, diventa un piacevole dipanarsi   di ricordi e particolari che a volte fanno sorridere o a volte si avvolgono di dolce tristezza e che comunque, terminata la lettura, ti lascia la sensazione di  un pensiero profondamente libero.

Portavo allora un eskimo innocente. Francesco Guccini si racconta a Massimo Cotto

GIUNTI

Ora come allora?

Da “Il  Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa , capitolo 8  visita di Angelica e del senatore Tassoni a  villa Salina

…Ma era poi la verità questa? In nessun luogo quanto in Sicilia la verità ha vita breve: il fatto avvenuto da cinque minuti e di già il suo nocciolo genuino è scomparso, camuffato, abbellito sfigurato, oppresso, annietato dalla fantasia e dagli interessi : il pudore, la paura, la generosità, il malanimo , l’opportuismo, la carità, tutte le passioni, le buone quanto le cattive, si precipitano sul fatto e lo fanno a brani; in breve è scomparso.

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Palermo

Via Po

 Notte a Torino-CiBi

…Via Po è composta da due carreggiate parallele. La prima porta

da piazza Castello a Piazza Vittorio, la seconda porta da

Piazza Vittorio a Piazza Castello. Ai lati delle carreggiate,

riservate al traffico delle automobili, dei motocicli, dei tram e

delle biciclette, è possibile notare due marciapiedi coperti di

portici….secondo la leggenda sotto i portici medesimi erano soliti

deambulare i Savoia, almeno nelle giornate di pioggia, quando volevano

fare una passeggiata fino al fiume.

Via Po , tra le strade del centro storico di Torino, è quasi unica:

con la dirimpettaia Via Pietro Micca costituisce l’anarchica

eccezione diagonale che irrompe nel rigido reticolo ortogonale

derivante dal campo militare romano.

 

Da Torino è casa mia di Giuseppe Culicchia