Giallo soffione

Dà ad una persona una sorpresa improvvisa, l’andare giù da una strada arida  e acciottolata e vedere in una piccola striscia di erba, vicino al cancello di ferro il raggiante tarassaco, splendente come una goccia fatta cadere dal sole.

Henry Ward Beecher

Se un giardiniere avesse deciso di creare una bordura di fiori non avrebbe certamente pensato al dente di leone o tarassaco ma non sempre riusciamo a eguagliare la natura.

Questa piantina, molto comune  e considerata infestante, ben ancorata al terreno con una radice fusiforme è capace di crescere ovunque ci sia un centimetro di terra e  si può trovare perfino nelle fessure dell’asfalto cittadino. Le foglie disposte a rosetta sono lunghe, dentate e somigliano ai denti del leone; sono commestibili, all’inzio della primavera quando sono più tenere vengono raccolte e consumate in insalata.

I fiorellini giallo intenso sono riuniti in capolini che una volta sfioriti si trasformano in piumose sfere bianche e su cui, almeno una volta nella vita, ognuno di noi ha soffiato spargendo eterei ombrellini che, volteggiando nell’aria, trasportano minuscoli semini.

Questa comunissima pianta si fregia di svariati nomi: quello ufficiale e botanico è Taraxacum officinalis, viene chiamato dente di leone oppure in alcune zone insalata matta o cicoria matta. Ricordo che mia nonna lo chiamava girasul omettendo la precisazione dij pra cioè girasole dei prati; ho scoperto solo molto tempo dopo che la scritta sulle latte di olio di semi di girasole identificava “altri girasoli” e fiori ben diversi da quelli che vedevo nella campagna piemontese…

E’ conosciuto anche con il nome di soffione e personalmente è quello che preferisco perchè quando soffio sui piumini e cominciano a volare mi sento piccola e grande nello stesso tempo. La natura mi sta dando qualche possibilità.

Viali d’estate

Quell’anno faceva tanto caldo che bisognava uscire ogni sera,
e a Ginia pareva di non avere mai capito prima che cosa fosse
l’estate, tanto era bello uscire ogni notte per passeggiare
sotto i viali. Qualche volta pensava che quell’estate non sarebbe
finita più, e insieme che bisognava far presto a godersela
perché, cambiando la stagione, qualcosa doveva succedere.
La bella estate, Cesare Pavese
Fare due passi sotto la “leja”,in piemontese  viale alberato, era ed è una possibilità per catturare un alito di brezza e godere dell’ombra nelle assolate giornate estive. Ci sono viali di tigli che in primavera profumano così intensamente da farti venire il mal di testa; viali di platani che i piemontesi hanno cercato di esportare nel trasloco prima a Firenze e poi nella definitiva collocazione della capitale d’Italia a Roma, senza tener conto che questa essenza arborea avrebbe avuto un po’ di difficoltà ad ambientarsi in climi non padani.
I viali di ippocastani   sono legati alla mia infanzia perchè li percorrevo per andare e tornare da scuola e in estate nelle sere più calde, mentre i nonni si godevano il fresco seduti su una panchina, io giocavo con altri bimbi  e mi sentivo in  proprio  in vacanza.

Orti e canali

Le scoperte si fanno per caso se no che scoperte sarebbero. Andando al solito autolavaggio, mentre l’auto veniva scorticata dai depositi quasi pleistocenici che la ricoprono, ho fatto passare il tempo girolando intorno al capannone in cui le auto sporche vengono fagocitate. C’è un canale che un tempo alimentava insediamenti paleo industriali:  lo spettacolo dell’acqua  mi affascina  sempre e di solito dove scorre c’è anche una bella frescura, che in questo periodo non guasta. E’ stato così, che guardandomi intorno, ho trovato l’orto. Cintato da una rete a maglie larghe, non tanto per definire il possesso (ho poi saputo che è condiviso da più giardineri) quanto perchè non si intrufolino i cani o ragazzini non-playstation-dipendenti e lo usino come luogo per giocare. Mentre ero lì è arrivato un “patito” dell’orto,come si è definito il signore. Anziano ( sono in quell’età in cui vedo gli altri e non riesco più a datare in maniera certa) ma con una certa grinta, uno che ha ancora passione ed energia e a cui piace parlare. Indicando la macchina fotografica mi ha detto, ridendo, che mi avrebbe richiesto un contributo per l’uso dell’orto come soggetto dei miei scatti. Così ho visitato la sua parte di orto urbano: piante di fagiolini, zucchine, pomodori, cespetti di insalata, costine, prezzemolo. Per il momento  la produzione dei frutti dell’orto è un po’ lenta a causa, mi ha spiegato, del clima della stagione primaverile che ha ritardato le semine e della pioggia che rovinato le piante già collocate a dimora. Comunque mi ha detto che qualche cosa raccoglierà. E’ stato piacevole scambiare quattro chiacchiere con qualcuno che prova gioia e soddisfazione nel fare quello che gli piace e che oltre a questo, con i tempi che corrono, trae anche un beneficio producendosi generi alimentari.

Sempre più in alto

il verbasco di S. CroceIl campanile è proprio un bel campanile,di epoca barocca tutto di mattoni rossi, con un’elenganza solida e aerea nello stesso tempo. Il mattino alzo lo sguardo per vedere se la gonnella di coppi, che orna un cornicione sotto le aperture della torre campanaria, è ancora al suo posto. E’  un campanile ormai vetusto e qualche mattone è logoro e un po’ bucherellato, sono mattoni di argilla pieni, ma si sa il tempo consuma…

E proprio dove inizia la salita  verso il cielo, poco sopra il tetto della chiesa, è nata una pianta che silenziosamente è cresciuta e fiorita. Non si è spaventata per l’altezza, il suo habitat comprende anche luoghi di montagna, né ha avuto paura di patire la siccità, semplicemente si è spostata in un luogo meno accessibile.

Per anni la sua specie ha ornato un muretto di recinzione, anch’esso di mattoni pieni e pietre, e per anni addetti alla disinfestazione delle erbacce hanno provveduto ad eliminare piante ed infiorescenze gialle. Adesso un verbasco vive sul campanile e ci guarda.

Alla fine dell’estate probabilmente morirà , non prima di aver lanciato un messaggio per ricominciare l’anno prossimo.

Le luci della sera

le luci della seraIl temporale è arrivato ed è stato anche abbastanza violento. E’ piovuto anche dentro casa e per l’ennesima volta ho maledetto le grondaie e il flusso di acqua che devono sopportare, ho asciugato il pavimento, abbiamo spostato alcune cose memori del disastro della scorsa estate, è saltata la corrente elettrica e abbiamo cercato il gatto senza trovarlo. Poi tutto si è placato, abbiamo riaperto porte e finestre e lasciato entrare un’aria freschissima e un gatto fradicio, ho alzato gli occhi e visto un tramonto spettacolare, mi sono sentita bene e pronta per passare una serata tranquilla.